Mattatoio

Poi ci sono i luoghi dei ricordi. Dove i ricordi si intrecciano e si stratificano.

Il Mattatoio è uno di quelli. Perché il mio amato nonno Angelo lì (quando era Mattatoio) è stato presidente (non me ne vogliano amici e amiche veg).

Gli piaceva portarmi a al bar del lungotevere e raccontarmi le sue storie.

Bellissimo esempio di architettura industriale dell’900 di Ersoch.

Era tra i temi della mia tesi di laurea, condivisa con i 15 di via Messina come tutte le tesi che passavano di là.

Dopo un lungo periodo di abbandono è stato dapprima colonizzato da Roma 3. Prima le aule e i bagni, poi il dipartimento.

Lì ho fatto lezione e infinite revisioni ai tanti studenti e studentesse. Ora hanno mogli/mariti e figli e sono sparsi per il globo ma ci sentiamo ancora su FB.

Poi è stato aggiunto il Macro con mostre straordinarie come quella di Steve MacCurry (la ragazza afgana con gli occhi verdi).

E il mercato dell’altra economia per comprare il pane croccante e le verdure degli orti.

E le mostre nella Pelanda (che brutto nome ma tant’è) come Senza Atomica. Una settimana a coordinare i tanti buddisti volenterosi che hanno allestito la mostra.

Tappa obbligatoria al banco di Sergio Esposito del Mercato Testaccio. I suoi panini con la picchiapò sono da urlo

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