Santa Sabina
E poi ci sono i luoghi del silenzio.
Come quelli dell’inconscio che ha il rumore del mare.
Come il mare della Sardegna quando si alza improvviso il maestrale e dopo aver ‘slamato’ e ributtato in mare i pesci troppi piccoli, ti rifugi nel l’abbraccio avvolgente del tuo accappatoio rosso. Il rumore del Johnson 25 cavalli, l’odore di pulito della spugna mista al sale e il rumore del mare.
Non quello bianco di De Lillo che stordisce. Quello dei mantra ripetuti, della dolcezza delle ninnenanne, degli accordi perfetti di Chopin e di Brahms.
Quello in cui il tempo si ferma. O siamo noi che ci fermiamo e ascoltiamo il tempo?
Carlo Rovelli dice che ci appropriamo del mondo facendolo a pezzi e ricomponendolo.
A volte non serve tutto questo sforzo. Basta il rumore bianco di uno spazio.
Come quello di Santa Sabina, basilica paleocristiana costruita nel V secolo sull’Aventino.
Spazio semplice, mutuato dalla basilica romana. Ma serviva un tipo edilizio allora è questo era perfetto per diventare simbolo della nuova religione.
Tre navate. Una centrale, elegante. Alta. Lunga. Stretta.
Illuminata dall’alto dalle finestre poste sopra gli intercolumni che segnano lo spazio principale. La luce della navata centrale, il buio delle navate laterali.
Non c’è Luce senza Ombra.
L’abside posto come terminale, a pianta semicircolare e coperto da una semicupola.
Uno spazio di senso, nitido. Che accoglie. Come il rumore del mare che disegna la strada del sentire. Qui e ora.
Perché la vita è un mozzico.
Ps per chi non amasse le chiese c’è sempre il Giardino degli Aranci a due passi da Santa Sabina.